All’interno della programmazione di Eldorado – la serie di mostre che la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo dedica agli artisti più interessanti all’interno del panorama della giovane arte internazionale – la GAMeC presenta dal 1° ottobre al 30 novembre 2008 I’ll Meet You at the Rendezvous, a cura di Alessandro Rabottini, la prima mostra personale che un museo dedica all’emergente Ian Tweedy.
Artista di origini statunitensi, ma nato e cresciuto in una base militare in Germania e ora residente in Italia, Ian Tweedy ha fatto di questa sua condizione nomade il centro del suo lavoro. Alla base della sua pratica artistica, infatti, ci sono temi come il rapporto tra la biografia individuale e il passato collettivo, l’appropriazione soggettiva della storia recente e remota, la ricerca di nuovi significati per i concetti di identità, appartenenza e libertà.
Attraverso l’uso di pittura, collage, disegno, video e installazione – tecniche spesso combinate tra loro in una sovrapposizione di figure, supporti, atmosfere e significati – il lavoro di Tweedy si muove lungo due direttrici principali di ricerca: da un lato il passato e la storia come immensi archivi di immagini da recuperare e trasformare, dall’altra l’esperienza della Street Art e del Graffitismo come forme di creatività che vivono un confronto costante con la quotidianità, l’imprevisto e il succedersi frenetico della vita urbana.
Sui muri delle nostre città, infatti, le immagini hanno vita breve: esse durano fin quando non vengono ricoperte da un altro graffito, cancellate da un intervento di restauro o consumate dal più semplice trascorrere del tempo. Ogni immagine, quindi, si sovrappone a un contesto fatto di vita, rumori e segni, un contesto che preesiste a quella stessa immagine e che le sopravvive.
Ian Tweedy porta questa esperienza all’interno della pittura e per fare questo dipinge usando supporti che possiedono già in partenza una memoria, che portano in sé le tracce di un passato più o meno recente, come copertine di vecchi libri, cartine geografiche logorate dall’uso, stracci utilizzati per pulire i pennelli.
E in questo suo coniugare la densità dell’archivio con la natura affollata del paesaggio visivo metropolitano, Tweedy crea un’arte dell’accumulo e della memoria, dell’invenzione e della sopravvivenza, in cui le immagini sono il frutto di un recupero, di una cancellazione e di una costante ri-trascrizione.
La mostra appositamente concepita per la GAMeC e interamente composta di lavori inediti occupa tre sale del museo e vede impiegati i mezzi più diversi, dalla pittura al wall painting, dal video all’installazione e al disegno. Come accade quasi sempre nel lavoro dell’artista, le immagini sono all’origine fotografie o, per lo meno, tradiscono una natura fotografica che emerge anche nella loro nuova veste pittorica: questo continuo ricorso al prelievo da un archivio personale, rivela nell’arte di Tweedy non soltanto la centralità del collage e del montaggio cinematografico – intesi non solo come tecniche ma soprattutto come modalità operative e di pensiero – ma anche la continuità con una tradizione della pittura che va da Robert Rauschenberg a Gerhard Richter e giunge fino a Luc Tuymans e che nel rapporto con la fotografia trova il suo centro.
Accompagna la mostra il primo catalogo dedicato all’artista, edito da Lubrina, contenete i contributi di Alessandro Rabottini e Luca Cerizza.