Dal 22 ottobre 2004 al 27 febbraio 2005 la GAMeC presenta la prima antologica mai dedicata da un’istituzione museale italiana a Getulio Alviani, uno degli artisti più significativi a livello internazionale nel corso degli anni ’60 e dei primi ’70 quale protagonista della corrente indicata di volta in volta come Optical Art, Arte Cinetica e Arte Programmata (quest’ultima nella definizione di Umberto Eco). La personale si concentra sull’intero arco della carriera dell’artista ed esplora tecniche, periodi e formati differenti della sua produzione.

La formazione artistica di Getulio Alviani è stata vicina a maestri quali Josef Albers, Konrad Wachsmann e Max Bill che, sviluppando le premesse teorico-pratiche della Bauhaus, hanno connotato la ricerca artistica e il lavoro creativo nella direzione della scientificità, basando la produzione estetica sull’allargamento del campo del percepibile e sulla verificabilità delle soluzioni date ai problemi.

Da oltre quarant’anni Alviani conduce ricerche nell’ambito dei materiali e della loro organizzazione in insiemi programmati: il suo interesse per l’uso in arte di strutture plastiche e cognizioni visive desunte dal campo industriale inizia negli anni Sessanta, con la produzione delle prime opere in alluminio (come linee luce, 1961 e superficie a testura vibratile 1.2.4, 1961-62), una delle quali entra a far parte della collezione permanente del MOMA di New York a partire dal 1965, anno in cui l’artista viene invitato alla collettiva The Responsive Eye.

Alviani ha sempre operato secondo una prassi artistica che intende progettare l’intero campo della vita e dell’estetica contemporanee, agendo non solo nell’ambito delle arti visive ma estendendo la sua creatività ai campi del design, dell’architettura e della moda.

La mostra alla GAMeC di Bergamo, curata da Giacinto Di Pietrantonio, pone attenzione sia alla dimensione ambientale del lavoro di Alviani – attraverso il rifacimento di ambienti cinetici degli anni ’60 come Interrelazione cromospeculare (1969), Interrelazione speculare curva (1965/1967) e Rilievo a riflessione ortogonale (1967), presenti in mostra – sia alla ricerca sulla sintesi tecnica tra luce e dinamismo in opere dal formato più tradizionale. Il suo approccio astratto alla forma viene analizzato, oltre che attraverso ambienti e sculture, anche attraverso le sue caratteristiche opere realizzate con la molatura di materiali metallici come l’acciaio e l’alluminio, opere dalla superficie cangiante che si definiscono e ridefiniscono a seconda del movimento dello spettatore e di cui la mostra presenta un’ampia selezione che spazia fino ai giorni nostri.

Alviani è stato uno dei principali promotori, a livello internazionale, di un approccio all’arte come forma conoscitiva che, attraverso lo studio dei fenomeni ottici, indaghi le strutture della percezione.
In questo senso il suo operare non si è svolto solo attraverso il lavoro da artista ma anche attraverso l’attività di teorico, con l’elaborazione di numerosi scritti e la curatela di svariate mostre.
Nelle sue opere è evidente la ricerca continua di regole e proporzioni geometriche generate da calcoli matematici e contrasti di colori primari o complementari: arte e scienza diventano campi di ricerca di un rigore estetico che le denota entrambe.

Le opere di Alviani sono concepite sempre in relazione allo sguardo dello spettatore e lo stimolano utilizzando come materiali artistici la rifrazione dei fenomeni luminosi sulle superfici metalliche e i movimenti dello spettatore rispetto agli oggetti che si trova di fronte: il risultato è che questi mutano fisicamente, mentre lo spazio che li accoglie e la percezione visiva del singolo diventano parte del lavoro. Alviani ha sempre proposto un approccio che risulta estremamente attuale anche oggi ponendo in discussione la valenza tradizionale della rappresentazione e dell’illusione artistiche e mettendo in campo un’idea di opera come polo dinamico di una relazione col pubblico.
L’attenzione alla dimensione percettiva ha condotto l’artista ad amplificare lo spazio dell’arte nella creazione di ambienti fisici dove la tessitura grafica delle pareti genera effetti illusori di deformazione prospettica e volumetrica.