La GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo ospita Hysterical Strength, prima personale in Italia dell’artista Luke Willis Thompson (Auckland, 1988; vive e lavora a Londra).
La mostra è curata da Edoardo Bonaspetti, guest curator di un nuovo programma di mostre promosso nell’ambito del Premio Lorenzo Bonaldi per l’Arte – EnterPrize.

Luke Willis Thompson presenta la trilogia di film Untitled Trilogy (2016-2018) e un nuovo lavoro site specific, Black Leadership (2019), ognuno dei quali esamina il rapporto tra le persone e la loro rappresentazione.

Il primo lavoro, Cemetery of Uniforms and Liveries (2016), è un video in 16 mm in bianco e nero, senza sonoro, che ritrae due giovani uomini londinesi. Nell’opera, Thompson replica esattamente gli Screen Tests (1964-66) di Andy Warhol, una serie di ritratti filmati che aveva come protagonisti celebrità della scena newyorkese, per lo più bianchi.
Questa appropriazione tiene conto delle differenti qualità formali delle riprese –contrasti elevati, inquadrature in primo piano contrapposte a sfondi minimalisti, un ritmo rallentato e distorto – e riposiziona gli Screen Tests di Warhol all’interno di una complessa storia della fotografia, collegandoli a temi razziali.

Autoportrait (2017) è un ritratto girato in 35mm, in bianco e nero e senza sonoro, di Diamond Reynolds. Thompson lo descrive come la risposta a una “call” della ragazza a seguito della condivisione live di un video realizzato con il suo cellulare, divenuto virale quasi istantaneamente in tutto il mondo.

Trasferendo l’iniziale “celebrità” di Reynolds da un’esposizione su larga scala all’ambiente controllato di un set cinematografico, Thompson la invita a realizzare un secondo video, una versione-tributo in cui la sua resilienza diviene soggetto della performance.

In _Human (2018), Thompson mette in scena la trasposizione filmica della scultura My Mother, My Father, My Sister, My Brother (1997), una fragile struttura architettonica costituita da alcuni frammenti di pelle dell’artista britannico Donald Rodney (1961-1998). Grazie a una telecamera automatizzata, questo film in 35mm rende visibile la materialità ideologica tipica dell’opera di Rodney, al punto da attivare una fusione tra la pelle dell’artista e il girato di Thompson. Questa analogia si estende ulteriormente all’interno della struttura del lavoro, composta da un montaggio di 42 sequenze, conformi al profilo genetico presente nelle cellule dei fratelli di Thompson. In questo modo, le fisicità di Thompson e di Rodney si intrecciano con la sostanza stessa del film.

Accanto a Untitled Trilogy (2016-2018) viene presentato un nuovo lavoro, Black Leadership (2019), che prende spunto dai dibattiti recentemente scaturiti nel mondo dell’arte sul diritto di una persona a rappresentare il dolore altrui.
Thompson prende le distanze da qualsiasi atto di critica e produce un’opera focalizzata sui temi del linguaggio e del potere, e sulla frammentazione psicologica del “sé” nell’era dei mass media e della comunicazione digitale.

 

Luke Willis Thompson (Auckland, 1988) vive e lavora a Londra.
Tra le sue mostre personali: _Human, Kunsthalle Basel; Luke Willis Thompson, Adam Art Gallery, Wellington (2018); autoportrait, Chisenhale Gallery, Londra (2017); Cemetery of Uniforms and Liveries, Galerie Nagel Draxler, Berlino; Sucu Mate/Born Dead, Hopkinson Mossman, Auckland; and Misadventure, IMA, Brisbane (2016). Ha preso parte a mostre collettive tra cui la 10a Biennale di Berlino (2018); la 32 a Biennale di São Paulo e la Biennale di Montréal (2016); e Surround Audience, New Museum Triennial, New York (2015).
Thompson ha vinto il Walters’ Prize nel 2014, il Deutsche Börse Photography Foundation Prize nel 2018, ed è stato tra i nominati per il 34° Turner Prize (2018-2019).