Dal 9 giugno al 25 luglio 2010 la GAMeC di Bergamo presenta una personale dedicata al poeta e artista ceco Jirí Kolár.

Il progetto espositivo – a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Helena Kontova – è costruito a partire dal libro Jirí Kolár, ideato da Helena Kontova ed edito da Giancarlo Politi. Il libro, una sorta di ‘abbecedario’ scritto da Kolár stesso, ha anche ispirato l’allestimento sviluppato nelle quattro sale al primo piano del Museo.

La mostra comprende 99 collage – una delle tecniche predilette dall’artista, da lui sviluppata a partire dagli anni Trenta del Novecento, e vuole essere un omaggio alla sua attività attraverso un excursus dei collage più significativi realizzati tra gli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta.

Kolár affermava:
La vita pone su di noi sempre nuovi strati di una carta invisibile. Uno strato ci fa dimenticare l’altro. E quando riusciamo a staccare o addirittura a strappar via qualche strato, siamo sorpresi di quante cose stanno dentro di noi. Quante cose che il tempo non ha eliminato ci portiamo dentro! È qualche cosa in grado di risvegliarsi, di resuscitare”. (Jirí Kolár, Giancarlo Politi Editore, 1986.)

La carta stampata rappresenta la vera essenza dell’arte di Kolár, nei cui lavori traspare la rottura delle forme grammaticali e l’uso di una lingua libera che utilizza i vuoti e i silenzi.
Le opere di Kolár sono realizzate con materiali eterogenei e tecniche diverse: testi stampati o scritti in lingua straniera o in caratteri incomprensibili; segni geometrici (stelle, spirali, onde concentriche); vecchie incisioni; riproduzioni di quadri celebri. In alcuni casi esse si ispirano alle semplici forme utilizzate da Kazimir Malevic (come il quadrato nero), a Paul Klee o alle tele tagliate di Lucio Fontana.

L’artista ha trattato la tecnica del collage come una scienza, elencando nel suo Dizionario dei Metodi una sorta di ‘abbecedario’ di tutte le tecniche da lui inventate e utilizzate: termini originali e in alcuni casi eccentrici, come anticollage, collages di fori, collage tattili e narrativi, poesie perforate (a colori, con nodi e lame di rasoio), rollage, sgualciage, ventilage. O ancora i celebri chiasmage, frammenti di immagini o testi – in caratteri latini, ebraici, gotici, arabi, ideogrammi cinesi – che Kolár trae da molteplici fonti (pagine del dizionario Larousse, della Bibbia, del Corano; atlanti stellari, carte musicali, tabelle di orari ferroviari …) e i pazzogrammi, assemblati con i tracciati degli elettroencefalogrammi.