La GAMeC di Bergamo, in collaborazione con il Musée national d’art moderne – Centre Georges Pompidou di Parigi, è lieta di presentare una selezione di opere video di Igor e Svetlana Kopystiansky. Igor e Svetlana Kopystiansky sono una coppia di artisti concettuali che, dal 1988, vive e lavora a New York, realizzando opere sia individualmente che in collaborazione.
Concentrandosi soprattutto su mezzi come la fotografia, il video e la dia-proiezione, Igor e Svetlana Kopystiansky hanno sviluppato negli anni un corpus di lavori che unisce poesia del quotidiano e rigore concettuale. La loro indagine sulla natura dei linguaggi e dei media che si basano sulla registrazione dello scorrere del tempo – come, appunto, il video, il cinema e la fotografia – oltrepassa i limiti di una ricerca puramente formale e riesce a toccare temi come la memoria, la fragilità dell’esistenza umana e l’inconscio.

Per la prima volta in Italia sarà possibile ammirare una selezione di opere video dei due autori, legate tra loro dal tema dell’immagine cinematografica e raccolte in un programma concepito appositamente per l’occasione.

Le opere in mostra sono il frutto di un metodo di lavoro che riesce a coniugare una profonda conoscenza teorica – nel caso specifico della storia del cinema – con una spiccata attitudine poetica. Immagini e sequenze tratte da capolavori di Alfred Hitchcock, Michelangelo Antonioni, Ingmar Bergman e Jean-Luc Godard sono estrapolate e modificate, con lievi accorgimenti tecnici, con il risultato di svelarne una dimensione nascosta. Come in tutto il loro lavoro, ciò che a un primo sguardo appare già conosciuto e familiare è visto sotto una luce nuova e inattesa.

Il video dal titolo Black and White (2008) è realizzato a partire da un breve frammento del film Persona che Ingmar Bergman realizzò nel 1966. Alcuni minuti del girato di Bergman sono dapprima mostrati nella forma originale del film ma, quando la sequenza termina, le stesse immagini scorrono secondo una direzione temporale opposta. Se il film di Bergman è un’indagine profondamente psicologica resa attraverso il confronto serrato tra le due protagoniste della pellicola (Liv Ullmann e Bibi Andersson), l’opera dei Kopystiansky riprende la tematica del “doppio” e la traspone sull’immagine stessa, che viene sdoppiata nella sua linearità temporale.

La seconda opera in mostra I Knew Edwards only Slightly (2009) prende invece in prestito una scena del film di Alfred Hitchcock Io ti salverò (in originale Spellbound, del 1945). Vediamo la stessa sequenza – di cui è protagonista Ingrid Bergman – più volte, alternativamente in positivo e in negativo, mentre nei momenti di passaggio tra uno stato e l’altro lo schermo diventa gradualmente grigio fino a cancellare l’immagine stessa. Anche in questo caso si tratta del film più psicologico e onirico di Hitchcock, in cui il regista indaga non soltanto l’ambiente della psicanalisi ma anche i meccanismi del sogno, del trauma, dell’amnesia e del ricordo. Nel lavoro di Igor e Svetlana Kopystiansky le immagini del film emergono e scompaiono in modo ciclico, evocando in questo modo i confini incerti della memoria.

Fiction Double (2008) consiste nella versione ridotta a 20 minuti di un lavoro più lungo, in cui gli artisti hanno utilizzato per intero il film Breathless che Jean-Luc Godard realizzò nel 1960, co-protagonisti Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg (nella versione italiana Fino all’ultimo respiro). La pellicola di Godard viene riproposta integralmente, sovrapponendone però due versioni che scorrono in modo opposto: una dall’inizio alla fine del film e l’altra al contrario, dalla fine all’inizio. In questo modo l’intera pellicola appare come sdoppiata e, solo alla metà del film, accade che un singolo fotogramma sia perfettamente visibile, perché coincide con l’unico momento in cui i due flussi di immagini si sovrappongono.

L’ultima opera in mostra è Speak when I have nothing to say (2009), in cui il film L’eclisse di Michelangelo Antonioni (1962) è fatto oggetto di appropriazione e ri-editato. L’opera consiste in un montaggio di alcune scene del film, scelte tra quelle in cui i protagonisti Monica Vitti e Alain Delon recitano senza scambiarsi una parola. Alcune scene appaiono più di una volta, in differenti lunghezze. Speak when I have nothing to say è una sorta di versione accorciata e silenziosa del film originale, un tributo alla capacità di Antonioni di scavare nella psicologia dei personaggi indagando il silenzio come dimensione dell’incomunicabilità e della solitudine esistenziali.