Dal 19 marzo al 18 maggio 2008 la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta On relative loneliness dedicata a Victor Man, la prima personale che un museo dedica in assoluto a questo artista rumeno accompagnata da una monografia completa del suo lavoro.
La mostra, a cura di Alessandro Rabottini, è parte della programmazione di Eldorado, la project room della GAMeC dedicata ai più interessanti artisti emergenti della scena internazionale.
Victor Man (Cluj-Napoca, Romania, 1974) è salito alla ribalta internazionale con la sua partecipazione al padiglione rumeno in occasione dell’ultima edizione della Biennale di Venezia, confermando così un percorso artistico che, in pochi anni, lo ha imposto come una delle voci più intense e singolari della giovane arte internazionale.

I mezzi artistici che Victor Man utilizza sono principalmente la pittura, la scultura, la fotografia, la stampa e il disegno su parete. Con questi strumenti egli costruisce installazioni in cui pochi e misteriosi elementi sono orchestrati in composizioni spaziali intime e potenti, in cui il motivo della memoria si intreccia con temi come la storia personale, le narrazioni collettive, i detriti delle ideologie del passato, l’erotismo, il potere, la fragilità dell’esistenza umana, il desiderio, l’enigma ed il sentimento della perdita.

Gli oggetti e le immagini che Man orchestra nelle sue installazioni provengono, infatti, da un passato più o meno recente. Sono oggetti trovati e sottratti allo scorrere del tempo, e immagini prelevate da riviste, libri o siti Web e che, decontestualizzate rispetto alla loro origine, assumono significati inediti e originano nuove narrazioni. Quello di Victor Man è un mondo a tratti oscuro, dove la riflessione sul sentimento di appartenenza e sulla natura dell’identità politica e nazionale, si sovrappone a una meditazione più generale sulla condizione umana, sulla malinconia, la violenza dell’esistere e la solitudine.

Per la GAMeC l’artista ha realizzato tre installazioni inedite in cui pittura, scultura, light box, fotografia e objects trouvés creano un percorso denso di suggestioni. Tutta la mostra è un racconto dai toni sfumati – a tratti onirici, a tratti conturbanti – sul senso della perdita e sulla morte, sull’ossessione e sulla dimensione del desiderio come feticismo, sull’aspirazione all’eternità e sul sesso. Come in tutte le sue mostre, anche in questa la poesia dei contenuti viaggia su un doppio binario: parallelamente alla sfera dei soggetti, Man crea un alfabeto formale attraverso cui egli articola un discorso sui codici della rappresentazione pittorica e sulle possibilità della comunicazione visiva. Come accade nel suo lavoro, ogni opera è parte di una vasta architettura di simboli e significati, all’interno della quale la sottile relazione tra oggetti ed immagini crea una sorta di ritmo cinematografico che tuttavia rimane sospeso. La scelta delle opere in mostra evoca il conflitto tra una dimensione primitiva e quasi bestiale dell’esistenza e la tacita violenza della civilizzazione culturale. Il visitatore si misura così con icone di fede, desiderio e possessione.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo monografico che documenterà un’ampia parte della produzione dell’artista. Edito da JRP I Ringier, Zurigo all’interno della serie “First Monograph” e a cura di Alessandro Rabottini, curatore dalla mostra, il catalogo contiene testi di Yilmaz Dziewior, Direttore del Kunstverein di Amburgo, Tom Morton, critico e curatore indipendente e Alessandro Rabottini, Curatore della GAMeC di Bergamo. Completa la pubblicazione una conversazione tra Victor Man e Hans Ulrich Obrist, Co-direttore della Serpentine Gallery di Londra.