Dal 17 gennaio al 24 febbraio 2019 la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta Hoysteria, la prima mostra personale di Oscar Giaconia (Milano, 1978) in un’istituzione museale italiana.

La mostra è realizzata con il supporto del Club GAMeC – l’associazione degli amici del museo che dal 2005 sostiene le attività della Galleria -, prima di una serie di iniziative volte a promuovere la ricerca artistica contemporanea in tutte le sue forme.

Il titolo dell’esposizione – una ricognizione sulla più recente produzione pittorica dell’artista – è una “parola valigia” che contiene una fusione tra “osteria”, “ostrica” e “isteria”, termini che alludono a contenitori di diversa natura, capaci di accogliere un qualche tipo di ospite. L’assonanza concettuale e fonetica che accomuna queste parole produce un titolo intraducibile, un equivoco linguistico, una disfunzione di senso incarnata nelle figure che abitano l’esposizione.

Locandieri, falsari, vecchi nostromi, sentinelle, spettri, mostri sono i soggetti che popolano lo Spazio Zero della GAMeC, mettendo in scena una degenerazione contemporanea della pittura di genere.

Apre il percorso il dittico Master – Mother Board (2018), un doppio ritratto con effigi di profilo, di matrice numismatica: il Padre e la Madre, “padroni di casa”, accolgono i visitatori all’ingresso scrutandone e sorvegliandone con attenzione i movimenti.

All’interno, tutto lo spazio è “contaminato” dalla salpa, un derivato del cuoio che nasce dalla lavorazione di scarti di fibre di pelle di origine bovina, la cui applicazione più̀ conosciuta è quella di rinforzo/riempimento/interno: un materiale di risulta che nasce per non esser visto e che qui, al contrario, riveste ogni cosa. Il colore di questo prodotto si riversa inoltre sulle pareti della sala, creando una continuità materiale, un vero e proprio contenitore per le opere. La salpa cerca di camuffare lo spazio facendo il verso alle silhouette mimetiche di The Grinder (2015), macchie anamorfiche che si stagliano su uno sfondo chiaro, denso di cancellature e pentimenti simulati.

Al centro dello spazio espositivo si trova quello che sembra essere la mastodontica tassidermia di un tubo fognario Calabiyau (2018), e la ricostruzione in legno di una vecchia bettola, anch’essa inguainata nello stesso materiale fantasma. Un capanno-corazza abitato e attorniato da singolari personaggi già presenti in forma embrionale nella mostra Green Room (BACO, 2016), quando l’artista venne trasformato dal truccatore prostetico Vittorio Sodano in una serie di paradossali controfigure –Comandante, Disinfestatore, Monomane, Fisherman– destinate a collassare una dentro l’altra. Se Green Room è stato il pretesto per attivare una serie di processi di cui la pittura è il punto terminale, la successiva elaborazione pittorica della mutazione subita ha portato alla realizzazione di The Grinder (2018), qui innestato e custodito all’interno del capanno.

Il percorso conduce a un ambiente che ospita la proiezione di Sexual Clumsiness, un video in 16mm che mostra le frattaglie delle riprese della seduta di trucco prostetico.
Attorno al tavolo del truccatore orbitano le opere della serie Sexual Clumsiness of Amphibious Machine (2017) che alludono alla metamorfosi, al riciclo, alla decomposizione, al momento della svestizione che, psicoticamente, segue quello del travestimento.

La maniacalità linguistica di Giaconia si esprime attraverso l’uso di materiali eterogenei come silicone, vulcanite, nylon, gomma di neoprene, salpa, elastomeri, rivelando l’accanimento e l’ostinazione empirica della sua ricerca e della sua pratica pittorica, un pensiero visivo animato dall’artificialità.
Accumulazioni psicotiche di oggetti, ossessioni plastiche e automatismi macchinici offrono il terreno per far crescere il lavoro su se stesso, un compost fatto di immaginari da scandagliare e vivisezionare, dando origine a creature biologiche sintetiche che rappresentano la spina dorsale dei suoi lavori.

Sabato 23 febbraio 2019, Vittorio Sodano, truccatore prostetico due volte nominato all’Oscar, trasformerà nuovamente Giaconia nell’ambito di una performance ospitata nello Spazio Zero del museo, che innescherà la nuova macchina pittorica alla base del prossimo lavoro dell’artista.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo monografico bilingue, edito da GAMeC Books, con contributi, di Gian Antonio Gilli, professore ordinario di Sociologia presso l’Università del Piemonte Orientale; Antonio Rezza, attore, regista, scrittore, Leone d’Oro per il Teatro alla Biennale di Venezia 2018, Stefano Raimondi, direttore The Blank, Bergamo, Andrea Zucchinali, dottorando in Teoria e analisi dei processi artistico-letterali, e una conversazione fra l’artista e le curatrici della mostra.