Dal 1 aprile al 7 maggio la GAMeC dedica un omaggio ad Attilio Nani (1901-1959), figura di riferimento per la storia dell’arte bergamasca del secolo scorso.

La mostra, a cura di M. Cristina Rodeschini Valentina Raimondo e allestita presso l’Ex Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo dallo studio di architettura Datei Nani, presenta il percorso artistico e stilistico compiuto dall’artista a partire dalla fine degli anni Venti fino ai suoi esiti estremi nella seconda metà degli anni Cinquanta: sculture, oggetti di arredamento, disegni e incisioni che provengono da importanti istituzioni del territorio bergamasco (GAMeC, Biblioteca Civica Angelo Mai e Archivi Storici Comunali, MAT di Clusone, Casa Museo Fantoni di Rovetta) e fanno luce sul cammino artistico di Nani che, pur non essendo legato ad alcun movimento artistico, ha saputo attraversare alcuni dei momenti più complessi della storia dell’arte italiana del XX secolo, producendo opere di grande bellezza.

Abile artigiano specializzato nell’arte dello sbalzo e del cesello – che apprende sin da bambino dal padre Abramo nella bottega di famiglia a Clusone –, Nani affianca all’attività di bottega quella di artista e scultore. Il suo percorso, oggi poco conosciuto, ha inizio durante uno dei periodi storici più rilevanti per l’arte italiana: la sua produzione attraversa, infatti, alcune delle fasi significative del Novecento – dagli anni del fascismo alla seconda guerra mondiale, al dopoguerra – conciliando il mondo della scultura e quello della bottega artigiana e facendo della propria abilità tecnica uno strumento prezioso per produrre opere d’arte.

Nani inizia la propria produzione scultorea alla fine degli anni Venti, con la realizzazione di alcune teste in cui è evidente il rimando alle opere di Adolfo Wildt, in particolare nello studio delle forme e per la levigatezza dei materiali. Rientrano tra queste la Maschera di folle (1927), presente in mostra, che raffigura un tema più volte ripreso in questi anni, e un gruppo di opere da cui si evince il rapporto con la scultura italiana del movimento del Novecento Italiano, quali il Ritratto di Aldo Traversi (1931).

Nel Ritratto di Claudio, suo figlio (1932) emerge un’impostazione formale caratterizzata dalla monumentalità e dall’attenzione per la fisiognomica, mentre al 1933 risalgono delle teste in terracotta che si discostano totalmente dalla sua produzione iniziale: i profili appena accennati, l’aspetto primitivo dei volti e le piccole dimensioni segnano una chiara evoluzione del suo linguaggio, in cui si avverte un deciso allontanamento dal Novecento Italiano e l’avvicinamento al panorama artistico milanese favorito dall’intermediazione di Giacomo Manzù, con cui Nani instaura un intenso rapporto di amicizia.

Nelle sculture eseguite tra il 1933 e il 1938 emerge una componente antiretorica e intimista, come in Ritratto di ragazzo (1933) e Ritratto di Manzù (1936), o nell’opera Ragazzo che canta (1937), in cui si percepisce l’influenza del pittore Aligi Sassu, grande amico dell’artista.
Sono però gli anni Quaranta a costituire il momento più favorevole della produzione dello scultore clusonese: in questo periodo Nani acquisisce maggiore sicurezza espressiva e realizza opere caratterizzate da una forma realista, tra cui Ritratto di Pino Pizzigoni(1939-42), Ritratto di Pippo Traversi (1944-46) e Ritratto di Achille Funi (1948-50), tutte presentate in mostra.

Ma l’opera con cui Nani compie il passo definitivo e per certi versi conclusivo della sua carriera è la Donna incinta (1956), scultura che evoca al tempo stesso forza e delicatezza, e che rappresenta il suo testamento artistico. Realizzata in lamina di rame, questa scultura doveva originariamente raffigurare una delle nuore di Nani ed era stata pensata come una figura completa. Durante l’esecuzione, però, viene lasciata priva di braccia e di testa, facendo intravedere la sottigliezza della lastra di metallo; una privazione che connota l’opera di una natura frammentaria, acuendone la modernità.

Accanto al nucleo scultoreo, la mostra accoglie una selezione di oggetti di design e una serie di disegni e incisioni eseguite a puntasecca e acquaforte, parte del Fondo Attilio Nani custodito alla Biblioteca Civica Angelo Mai.

La mostra è realizzata in collaborazione con la Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo.