Il percorso espositivo della mostra Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione si completa di un’installazione ambientale ideata dall’artista svedese Nina Canell per lo Spazio Zero della Galleria , volta a indagare il territorio di confine tra le dimensioni dell’organico e dell’inorganico, tra materia vivente e materia inerte.

Il progetto è parte del programma di ricerca Meru Art*Science Research Program, nato dalla collaborazione tra la GAMeC, la Fondazione Meru/Medolago Ruggeri per la ricerca biomedica e BergamoScienza, già promotrici, tra il 2013 e il 2017, del prestigioso Meru Art*Science Award, finalizzato alla promozione di progetti artistici legati allo sviluppo delle ricerche scientifiche.

Così l’artista descrive il progetto nell’ambito di un’intervista pubblicata nel catalogo della mostra (GAMeC Books, 2021):

“Il nostro ambiente costruito è un’accelerazione di pressione materiale difficile da cogliere appieno. Ricoprendo il pavimento della galleria di conchiglie nelle loro forme originarie e riconoscibili, cerco proprio di attingere a quell’aspetto di incomprensibilità. […] Materiale e durata si condensano, in senso letterale, sotto i nostri piedi; ed ecco che i nostri corpi si legano per un istante a un tempo profondo, geologico, grazie a un singolo scricchiolio aptico. Camminare e inciampare sulle conchiglie è un gesto tanto banale quanto brutale; eppure, da una prospettiva materiale, la differenza che intercorre tra camminare su invertebrati fatti di carbonato di calcio o sul pavimento di calcestruzzo di una galleria è molto sottile. Sappiamo che la distruzione e il rimescolamento di ossido di calcio e silice causati dagli esseri umani potrebbero essere amplificati fino a numeri incomprensibili. Finora sono state colate circa 500 miliardi di tonnellate di calcestruzzo per uso umano, sufficiente a ricoprire con uno strato da un chilo ogni metro quadrato della superficie terrestre, metà del quale prodotto negli ultimi vent’anni. L’approccio industriale alla lavorazione minerale genera una visione meccanicista e passiva dei materiali. Io voglio far uscire la materialità da questa aura di indifferenza creando una connessione corporea, che lega ossa ad altre ossa. Una frattura sonora che ci ricorda l’ineffabile quantità di corpi e rapporti che ci sostengono”.