Prosegue la partecipazione della GAMeC ad Artists’ Film International, il prestigioso network dedicato alla videoarte, nato nel 2008 da un’iniziativa della Whitechapel Gallery di Londra e ora curato da Forma, che coinvolge sedici istituzioni d’arte contemporanea internazionali e artiste e artisti provenienti da tutto il mondo.
L’edizione 2025 della rassegna, Dream States, indaga il potere liberatorio dei sogni, degli stati alterati e dell’illusione cinematografica. Il programma riunisce i lavori di artiste e artisti selezionati da sedici istituzioni internazionali che rompono la linearità del tempo, mescolano verità e finzione e attraversano i confini tra memoria, mito e fantasia per immaginare nuovi scenari possibili.
Attraverso linguaggi visivi molto diversi — dalla pellicola analogica alla CGI, dai materiali d’archivio agli effetti speciali e alle immagini generate con l’IA — i lavori presentati in questa edizione sfruttano le immagini in movimento per mettere in discussione punti di vista consolidati. Le loro visioni oniriche e surreali, sospese tra utopia e distopia, tra dimensione intima e collettiva, restituiscono al cinema la sua natura di spazio del sogno e di strumento di trasformazione.
Per questa edizione, le curatrici della GAMeC Sara Fumagalli e Valentina Gervasoni hanno selezionato il film SERPENTINA. Per un mūsēum senza tempo (2023) di Raffaela Naldi Rossano (Napoli, 1990).
Sviluppato e girato a Belvì, in Sardegna, il film prende forma a partire dall’incontro con il gongilo, un piccolo rettile simile a un serpente con gli arti ridotti, che si ritrova nelle Lettere dal carcere di Antonio Gramsci, lui stesso sardo, e nel Museo di Scienze Naturali di Belvì.
Sospeso fra racconto scientifico e credenza popolare, nel film l’archetipo del gongilo viene messo in relazione con il culto della Dea Madre, intrecciando le narrazioni orali locali intorno al rettile con quelle provenienti dal bacino del Mediterraneo legate al tema della sacralità della natura.
Con una formazione in psicanalisi, Naldi Rossano aderisce alla riflessione che lega storicamente il cinema alla comprensione della psiche e lavora con il pensiero intuitivo, mescolando personificazioni di personaggi mitologici e archetipi a esperienze personali. Si apre così la strada a una comprensione del tempo come archivio di intuizioni e a una riflessione intorno ai modi con cui strutturiamo la memoria.
Sfidando la percezione del tempo convenzionale e l’egemonia delle narrazioni lineari, il film intreccia scene che ritraggono il museo abbandonato di Scienze Naturali di Belvì e quelle che documentano un’azione-iniziazione collettiva che ha coinvolto il coro polifonico femminile del villaggio. L’azione diviene simbolicamente l’avvio di una proposta per un museo di storia naturale alternativo nel paese, un luogo che tenga conto dei saperi ancestrali dei suoi abitanti, che si configurano come forze generative per un nuovo inizio per la comunità, segnata dallo spopolamento.
Dal 12 dicembre 2025 al 18 gennaio 2026 SERPENTINA. Per un mūsēum senza tempo sarà visibile al pubblico negli spazi della GAMeC; in contemporanea, i film proposti dalle altre istituzioni partecipanti nell’edizione 2025 di Artists’ Film International saranno disponibili su questa pagina.
Levitations (2024) di Dalia Al Kury
Selezionato da mmag foundation, Amman
Levitations nasce in un momento storico tragico e complesso, in cui la dimensione del sogno diventa forza vitale per sperare in un futuro diverso. Due sorelle unite nell’esperienza della diaspora si ritrovano a viaggiare in una Palestina liberata, misteriosa e onirica durante una sessione di psicoterapia. Il cortometraggio esplora l’idea degli stati di sogno, sia in senso letterale sia metaforico, indagando il concetto di libertà all’interno di un contesto segnato da un genocidio in corso e da un’oppressione crescente. Il film affronta le profonde difficoltà di realizzare i sogni di una Palestina liberata nel presente, ma sottolinea anche l’importanza vitale di mantenere la speranza — di immaginare un futuro in cui questi sogni, per quanto improbabili, possano un giorno diventare realtà.
Look up! I’m No Canopy – I’m a Messenger (2022) di Sanja Anđelković
Selezionato da Cultural Centre of Belgrade, Belgrado
L’opera intreccia zoologia, entomologia speculativa e canti ortodossi, creando una sorta di profezia speculativa insetto-morfica che costituisce un invito all’amore e alla cura per la Terra in un’epoca attraversata da una grave crisi climatica. Al centro della profezia c’è un piccolo insetto Magicicada septendecim, una cicala che ricompare ciclicamente negli Stati Uniti orientali dopo aver vissuto come ninfa nel sottosuolo per 17 anni. La sua ultima comparsa è stata documentata nel 1954. Ipotizzando una sua riemersione, la cicala porta notizie sul clima e una profonda conoscenza della Terra che invita all’ascolto di narrazioni multispecie.
Rehearsals for Peace (2023) di Anca Benera & Arnold Estefan
Selezionato da Video-Forum, Neuer Berliner Kunstverein (n.b.k), Berlino
Il film attinge a varie tradizioni popolari volte a scacciare gli spiriti maligni, come la consuetudine transilvana dell’Urzelnlaufen. In un paesaggio pastorale, il ritmo del pascolo si intreccia con quello dell’addestramento militare, creando una surreale convivenza tra pecore e veicoli blindati: è la quotidianità di Cincu, un villaggio transilvano nel cuore della Romania che oggi ospita una delle principali zone di addestramento al combattimento della NATO nel Paese.
All’interno di questo paesaggio, Rehearsals for Peace narra, attualizzandola, la leggenda di Ursula, una figura femminile travestita da uomo che riuscì a scacciare gli invasori, gli Ottomani, grazie al suono di una frusta. L’Ursula contemporanea ritratta dal film utilizza la potenza sonora dello schioccare della frusta come un incantesimo di fronte ai moderni veicoli blindati, intrecciando elementi del lessico militare, come i segnali tattici, con questa antica pratica.
Dear Chalam (2024) di Babu Eshwar Prasad
Selezionato da Project 88, Mumbai
Dear Chalam può essere letto come un elogio funebre per un caro amico e un viaggio attraverso il mondo del cinema. Strutturato come un assemblaggio poetico, il film esplora la potente pratica documentaristica di Chalam Bennurkar, il suo coinvolgimento con l’Odessa Collective e il suo impegno per il cinema da lui interpretato come movimento popolare. Questi elementi prendono forma all’interno di una lettera che costituisce il nucleo centrale del film. L’opera parte dalla condivisione della memoria personale per elaborare una riflessione più ampia sul cinema e sulle sue potenzialità in un processo di costante ricalibrazione e re-immaginazione. Utilizzando immagini stratificate e un tono riflessivo che accompagna tutto il corso del film, Eshwar Prasad mostra come sogni e ricordi si sovrappongano innescando la sensazione di essere immersi in un sogno.
Dyke Dreams (2024) di Anette Gellein
Selezionato da Tromsø Kunstforening, Tromsø
Girato su pellicola analogica 16mm, Dyke Dreams assume la forma di uno spot erotico che si trasforma gradualmente in un film horror. Il film tesse un parallelo fra una supposta attività estrattiva a Stavanger e il linguaggio visivo della pubblicità commerciale che, come un canto di sirena, ci ammalia e ci seduce, trasformando sogni e desideri in merci che finiscono per consumare noi stessi. Girato fra la Norvegia e il Canada, Dyke Dreams trae ispirazione da Kustom Kar Kommandos (1965) di Kenneth Anger e può essere letto come un omaggio al suo lavoro iconico, affrontando temi quali l’industria petrolifera locale, l’americanizzazione della cultura norvegese e la solitudine queer.
Colorless (2020) di Abdul Hamid Mandgar
Selezionato da CCAA in EXiLe, Francoforte
Raccontando la storia di un bambino afghano con una profonda passione per la danza, il film affronta il tema del conflitto tra desideri individuali e vincoli sociali. Osteggiato dal fratello maggiore che incarna le credenze tradizionali e le norme sociali, il sogno del bambino viene ostacolato insieme alla sua innocenza. Con uno stile visivo minimalista e un racconto sottile, il film descrive un’atmosfera soffocante in cui le libertà individuali vengono limitate da regole sociali non scritte. Concentrandosi sul punto di vista del bambino, il film offre una prospettiva poetica e critica su una società in cui i sogni personali vengono facilmente repressi, mentre la speranza di cambiamento rimane viva nei suoi occhi.
Leymusoom (2024) Garden di Heesoo Kwon
Selezionato da Los Angeles Contemporary Exhibitions (LACE), Los Angeles
Il film ripercorre il viaggio spirituale e personale di Heesoo Kwon tra la fine del 2022 e l’inizio del 2024. Realizzato interamente con l’intelligenza artificiale, il progetto intreccia scansioni 3D della terra dei nonni a Gongju-si, in Corea del Sud, con il suo studio e giardino di casa, situati sul territorio ancestrale del popolo Ramaytush Ohlone (oggi San Francisco). Questo giardino-santuario diventa uno spazio in cui Kwon riflette sulle relazioni, sui valori della vita, sull’accettazione e sulla guarigione, mentre affronta perdite improvvise e profonde trasformazioni nel proprio percorso artistico. L’esplorazione delle tradizioni sciamaniche coreane — attraverso i miti dei Dokkaebi (figure leggendarie del folklore coreano) e di Mago, potente divinità femminile creatrice e sovrana della natura— insieme al racconto di creazione della Skywoman appartenente alle tradizioni indigene nordamericane, permette all’artista di confrontarsi con la sua storia familiare. In Leymusoom Garden, Mago viene infatti reimmaginata come la bisnonna paterna dell’artista, trasformando il mito in un archivio affettivo e familiare.
Untitled (2022) di Cocoy Lumbao
Selezionato da MCAD Manila, Manila
Utilizzando immagini d’archivio tratte da una registrazione del 1994 dei suoi genitori, Cocoy Lumbao indaga il modo in cui la tecnologia influisce sulle relazioni tra le persone. Concepito come una sorta di video-lettera d’amore ai figli rimasti nelle Filippine, il messaggio della coppia intreccia consigli quotidiani con la meraviglia di sperimentare una “nuova tecnologia”: una videocamera portatile appena acquistata. L’artista utilizza nostalgia e memoria come uno stato onirico, in cui il passato diventa un modo per rileggere il presente e immaginare il futuro. Lumbao rallenta il film, silenzia le voci dei protagonisti e affida il racconto ai sottotitoli: la tensione tra il dialogo fittizio e il desiderio che quelle parole siano reali produce un cortocircuito emotivo che lascia spazio alla riflessione sugli effetti che le relazioni mediate dalla tecnologia hanno sulle nostre vite.
Dystopian Patterns (2019) di Isabelle Nouzha
Selezionato da argos centre for audiovisual arts, Bruxelles
Realizzato nel 2019, Dystopian Patterns è una city symphony che ricompone le macerie di una città ridotta in rovina. Potrebbe essere Beirut, segnata da una lunga storia di assalti militari, ma potrebbe anche essere qualunque altra città, svuotata della presenza umana. Attraverso un inquietante video in bianco e nero in time-lapse, Isabelle Nouzha porta alla luce misteri che sembrano sfuggire ai nostri sensi assuefatti, offrendo non tanto un sogno quanto un vero e proprio “incubo a occhi aperti”. Con Dystopian Patterns, l’artista intende interrogare le idee dominanti di potere, successo e progresso, utilizzando una narrazione speculativa e di finzione che può aiutarci a “vedere” futuri per cui valga la pena lottare.
Wild Geese 2: Wilder Geese (2023) di Elinor O’Donovan
Selezionato da Crawford Art Gallery, Cork
Girato a Stöðvarfjörður, in Islanda, il film di Elinor O’Donovan è una risposta giocosa alla poesia Wild Geese di Mary Oliver (1935–2019), che riflette su quanto l’universo possa davvero interessarsi ai nostri problemi individuali. L’artista si chiede: “E se invece che essere indifferente alla nostra esistenza, come molti credono, l’universo fosse troppo interessato a noi?” I lavori di O’Donovan offrono spesso scorci di mondi speculativi dove le cose potrebbero essere diverse se si ponessero domande alternative. Nel caso di Wild Geese 2: Wilder Geese, la domanda è: e se fosse l’umanità a essere fin troppo preoccupata per l’esistenza del pianeta?
The Pond (2023) di Ahmet Rüstem Ekici & Hakan Sorar
Selezionato da Istanbul Modern, Istanbul
The Pond esplora la relazione tra trasformazione, memoria e interazione tra esseri umani e non-umani attraverso una narrazione incentrata sulla metafora. Ispirato ai recipienti votivi di 5.000 anni fa raffiguranti rane che si trasportano l’una con l’altra e alla migrazione contemporanea delle rane che attraversano le autostrade per raggiungere lo stagno di Palazoğlu, il film intreccia tracce del passato e del presente utilizzando strumenti di intelligenza artificiale. The Pond costruisce un mondo immaginario creato con l’AI che ci appare reale come un documentario, sfumando la linea che separa il sogno dalla realtà, per attivare una riflessione sul potenziale creativo delle tecnologie di intelligenza artificiale che aprono spazi inattesi di immaginazione e, al contempo, sui temi della memoria, della trasformazione e della permanenza.
The Fortress (2024) di Sin Wai Kin
Selezionato da Forma e Southwark Park Galleries, Londra
Commissionato da Forma e dalla Lahore Biennale Foundation, The Fortress decostruisce l’archetipo dell’“Uomo” razionale dell’Illuminismo occidentale, mettendo in luce le fragili basi del suo dominio e le conseguenze del paradigma costruito. Tra Alfalah Theatre e Lahore Fort, Sin Wai Kin esplora, attraverso una narrazione onirica, la dissoluzione dei confini tra sé e mondo, confrontandosi con il proprio doppio e con storie frammentate. Ispirato al Mathnawī del poeta sufi del XIII secolo Rūmī, il film invita a demolire le “mura” dell’alterità, rivelando l’esistenza come plurale e frammentata, e aprendo la realtà alla possibilità di smontarla, reinventarla e ricrearla. In questo modo possono essere sfidate le narrative egemoniche dell’esperienza umana e i sistemi di conoscenza centrati sull’Occidente per accogliere la molteplicità e la variabilità.
Neyinka and the Silver Gong (2024) di Kialy Tihngang
Selezionato da Tramway, Glasgow
I film storici come Braveheart dipingono una Scozia precoloniale completamente bianca e idealizzata. Questo racconto viene radicalmente messo in discussione dai registri del IX secolo dei fir gorma: termine antico irlandese per nominare le persone nere, “fir gorma” significa letteralmente “uomini blu”. Gli storici e i folkloristi riferiscono la presenza di queste persone a popolazioni nordafricane portate in Irlanda e nelle Ebridi scozzesi dai Vichinghi nel IX secolo dopo essere state ridotte in schiavitù. Come donna nera inglese che vive in Scozia, Tihngang si interroga su come questa comunità sradicata possa aver costruito una propria identità scozzese.
Ispirandosi ai trailer di Braveheart, Kialy Tihngang presenta guerrieri dipinti di blu simbolicamente associati a coraggio, onore e romanticismo cavalleresco per mostrare come la narrazione nazionalista selezioni opportunisticamente i momenti più seducenti di un film o di una storia nazionale per costruire un’immagine idealizzata di sé. Il lavoro richiama anche gli effetti visivi volutamente dissonanti del cinema Nollywood, collegando i fir gorma alla diaspora africana contemporanea. Interrogando l’identità scozzese contemporanea, il film intende contribuire al dibattito più ampio sulla crescita del nazionalismo in Europa occidentale.
Lullaby’s Fault (2025) di Mykolas Valantinas
Selezionato da CAC (Contemporary Art Centre), Vilnius
Il film esplora l’interiorità di una psiche frammentata e incoerente. Ambientato nella campagna lituana, segue due fratelli gemelli la cui vivida immaginazione trasforma il gioco innocente in violenza. Piuttosto che mostrare direttamente gli atti violenti, il film sposta l’attenzione sulle loro conseguenze. Alternando passato e presente, indaga la logica surreale e frammentata di una mente che fatica a elaborare il trauma e a trovare la via della guarigione.
Sobre si mismo (About itself) (2023) di Melisa Zulberti
Selezionato da Fundación Proa, Buenos Aires
Nel film il corpo diventa il fulcro per esplorare il movimento in relazione all’ambiente circostante. Il suo spostamento non segue una traiettoria lineare né una destinazione fissa, ma si sviluppa in un ritmo mutevole di oscillazioni, cadute e sospensioni—l’instabilità come stato costante. Il contatto con acqua, terra e gravità non si limita a inquadrare l’azione, ma la trasforma. L’interazione con questi elementi dissolve i confini tra solido e liquido, tra effimero e duraturo. Il movimento non è semplicemente una reazione all’ambiente, ma una forza attiva che lo rimodella, sfidando le strutture spaziali e percettive conosciute.
L’ambientazione cambia in modo imprevedibile, come guidata da una logica interna e onirica. La sequenza si sviluppa in un terreno fluido, dove i paesaggi si riconfigurano continuamente: la terra si trasforma in acqua, l’orizzonte si piega, i corpi emergono e scompaiono in transizioni che appaiono arbitrarie ma suggeriscono una coerenza sottostante. Il tempo non scorre più in linea retta, ma si piega in cicli, in cui ogni caduta segna un nuovo inizio. Questa ricorrenza non è semplice ripetizione, ma variazione sottile, uno spazio in cui il cambiamento diventa possibile.
ORARI DI APERTURA
lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì: 15:00-19:00
sabato e domenica: 10:00-19:00
martedì chiuso
BIGLIETTI
Intero: € 10,00
Ridotto: € 8,00
Il biglietto consente di visitare tutte le mostre in corso.

